[VIDEO] ho tolto Spotify per riprendermi la musica
Perchè l'ho fatto, come è andata e cosa ho capito
Ciao amici, ecco qui il mega recappone del mio esperimento in formato doppio: video-essay e newsletter. Fatemi sapere se vi piace questo nuovo modo di parlare delle cose :)
E se vi piace leggere, fate pure: qui sotto di fatto c’è il video in versione articolo :)
ho tolto spotify per riprendermi la musica
Il 7 marzo ho eliminato Spotify, e adesso vi spiego il motivo.
Contestualizziamo
Nel 2023 ho iniziato a parlare di musica online, con la mia rassegna personale di tutte le uscite discografiche italiane. Ascoltavo tutto quello che usciva con attenzione e ogni lunedì mattina scrivevo i miei commenti, sempre e solo secondo il mio gusto. Ogni lunedì, senza mai saltare un appuntamento - a parte in quei periodi, come agosto e Natale, in cui era il mercato discografico a fermarsi prima di me.
Il progetto è cresciuto sempre di più e mi ha messo in contatto con gran parte dell'industria musicale italiana: uffici stampa, etichette discografiche, manager, e ovviamente gli artisti. Mi ha permesso di vedere più in profondità come è fatta la musica, come è distribuita, come è pubblicizzata, come se ne parla, e mi ha dato più chiarezza sul modo in cui noi ascoltatori fruiamo di questa arte.
Tutto questo mi ha portato a formulare una domanda interiore che ho deciso di assecondare.
"L'era dello streaming ha compromesso il nostro rapporto con la musica?"
Parlando con la gente, mi sono accorto che ne fruiamo in modo sempre più frivolo, e la musica ha un impatto sempre più effimero su di noi, sulle nostre vite e sui nostri sentimenti. È come se si fosse rotto qualcosa di un po' più alto e sacro che ha sempre accompagnato la musica in passato.
Quindi, dopo un po' di tentennamento, ho deciso di fare un esperimento:
Elimino Spotify per due settimane e vedo cosa succede.
In questo video-essay spiego quello che mi sono portato a casa, perchè mi ha permesso di affinare meglio la mia opinione, provando sulla mia pelle delle giornate senza streaming, e parlando con chi mi ha appoggiato e con chi non la pensa come me. Alla fine dell'articolo cerco di presentarvi le mie soluzioni a questo grosso problema.
Indice
L’impatto culturale dello streaming
L’Esperimento
Esperimento finito: cosa mi porto a casa
La mia soluzione a questo problema complesso
Conclusioni
1. L’impatto culturale dello streaming
Ogni tecnologia introdotta nel mondo porta con sé, strutturalmente, un impatto culturale. Ne parlava Walter Benjamin nel 1935 nel suo saggio “The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction”, in merito all’avvento della fotografia. Un impatto neutro, la cui positività o negatività va valutata caso per caso.
L’impatto culturale dello streaming si sta verificando proprio adesso.
Spotify ha dapprima cambiato il nostro modo di ASCOLTARE la musica, e poi il nostro modo di VEDERE la musica, cioè di percepirla e sentirla.
Lo streaming ha cambiato la nostra percezione della musica, in peggio.
È questo il suo impatto culturale, ed è questo il centro della mia riflessione.
Bjork </3 Spotify
Bjork ha definito Spotify come «probabilmente la cosa peggiore che sia mai successa ai musicisti. [...] È assurdo lavorare a qualcosa per due o tre anni, e poi dire "eccolo qui gratuitamente". Non è una questione di soldi, è una questione di rispetto. Rispetto per l'arte e per la quantità di lavoro che ci sta dietro».
La musica è percepita come gratuita, perchè lo streaming ne ha azzerato il valore. Sia per chi la fa, sia per chi la ascolta.
Analizziamo entrambi i fronti.
1.1 L’impatto sugli ascoltatori
Dal punto di vista degli ascoltatori, le criticità principali possono essere ridotte a tre.
i) Troppa musica a disposizione
Questo discorso vale per qualsiasi area della nostra vita al giorno d’oggi. Kyle Chayka, autore di Filterworld: how algorithms flattened culture, ne ha scritto la sintesi perfetta:
“Se da un lato abbiamo il vantaggio della libertà di scelta, dall'altro l'infinita gamma di opzioni presentate dai feed algoritmici spesso genera la sensazione di mancanza di significato. Posso ascoltare qualsiasi cosa, quindi perchè quella cosa precisa dovrebbe essere importante per me?”
La sovrabbondanza ha azzerato il valore delle singole opere che ascoltiamo, e ci ha dato in cambio la FOMO, il desiderio di voler ascoltare tutto subito, tutto insieme, anche se è umanamente impossibile. E quindi rimaniamo in superficie, non andiamo in profondità.
Prima, per mettere le mani su un album, avevi bisogno di soldi, tempo ed energie. Dovevi uscire, andare in un negozio, scegliere il disco, pagarlo 10€ (con i tuoi risparmi), portarlo a casa e inserirlo nel lettore. A quel punto schiacciavi play e te lo godevi, dall’inizio alla fine. Oggi, con 10€ al mese hai accesso a praticamente tutta la musica mai pubblicata, con un semplice tocco, e puoi skippare appena qualcosa non ti soddisfa abbastanza. Quindi mi chiedo, qual è oggi il valore di un singolo album? La musica è ormai considerata gratuita e dovuta. E il momento dell'ascolto, essendo così accessibile, non è più vissuto attivamente.
ii) La musica è content, frammentato e passivo
Lo streaming ha trasformato la musica, un tempo arte, in un prodotto, una merce, l’ennesimo content di cui ingozzarsi per restare a tutti i costi sulle piattaforme che ce li mostrano. Questo anche tramite la frammentazione: dagli album ai singoli, e dai singoli alle playlist. Ascoltiamo musica costantemente, mentre facciamo altro, senza farci troppo caso, mentre la musica perde gradualmente sapore.
Siamo passati dal cercare la musica come arte per quello che ci comunicava, a cercare un contextual fit in base a quello che stiamo facendo, senza interessarci veramente alla componente artistica, ma solo al mood e a quello che ci comunica superficialmente.
iii) Abbiamo perso la nostra identità e il nostro gusto personale
La sovrabbondanza, la superficialità e la velocità con cui consumiamo la musica, non ci da il tempo di sviluppare il nostro gusto personale. Perchè il gusto ha bisogno di tempo e di selezione attiva. I miei legami più profondi con le opere d'arte si sono creati con cose che inizialmente non mi hanno preso, ma con il tempo sono cresciute dentro di me. La sovrabbondanza e i continui consigli (soprattutto algoritmici) non ci danno il tempo di fermarci su cose che immediatamente non attirano la nostra attenzione, skippandole e dimenticandocele per sempre. Perchè il gusto richiede la sorpresa, si nutre anche di sfide e di rischi, spingendosi oltre in una determinata direzione.
1.2 L’impatto sugli artisti
La prospettiva degli artisti è nota a tutti. Sappiamo quanto poco paghi lo streaming, sappiamo che gli artisti devono inventarsele tutte per poter vivere di musica e spesso non basta neanche. Questo tema è un rabbit-hole in cui sono sprofondato e da cui uscirò quando avrò maggior competenza per poter sputare sentenze. Guardando i fatti comunque, nonostante il mega report tutto colorato in cui Spotify dice di aver raddoppiato il valore dell'industria musicale in 10 anni, la situazione reale per gli artisti non è così sgargiante e appagante.
Cos’è la streamshare e perchè ci interessa
Si parla spesso di pagamenti per stream, ma il ragionamento è un po’ più complesso. La piattaforma di streaming prende tutto il fatturato (principalmente degli utenti premium e poi delle pubblicità), ne trattiene una percentuale, e la restante la distribuisce ai detentori del diritto d'autore di ogni canzone, in base alla streamshare. La streamshare è la percentuale che si ottiene dividendo il numero di ascolti di una canzone, e il numero totale di ascolti sulla piattaforma.
Qui potete leggere meglio come funziona per Spotify.
Questo meccanismo mette in competizione diretta gli artisti, e ovviamente non crea distinzioni tra il tipo di musica e la sua profondità artistica. Una canzone da un minuto e mezzo con un ritornello insulso ma catchy compete alla pari con una canzone come Shine on you crazy diamond
Questo inevitabilmente spinge gli artisti che devono vivere di musica (o le loro case discografiche) ad adattare la loro produzione artistica alle dinamiche di industria - chi più, chi meno. Perchè i soldi nell'industria ci sono, ma non sono per i risk-taker. Sono per quegli artisti che rappresentano degli investimenti sicuri, allineati alle logiche di mercato e al modo in cui gli algoritmi spingono un certo tipo di gusto sempre più insapore.
Fatemi sapere se volete un approfondimento dedicato allo stato di salute della musica di oggi!
1.3 Ha fatto anche cose buone?
Questo lavoro non vuole descrivere in modo esaustivo tutti i lati dello streaming, ma solo il suo impatto culturale, però lascio qui un paio di punti.
Lo streaming ha salvato l'industria dalla pirateria!
Certo, Spotify ha salvato l'industria dalla pirateria ma l'ha fatto con un approccio che fin dall'inizio era riconosciuto come dannoso e svantaggioso per gli artisti (se volete saperne di più). E dal punto di vista economico, tralasciando quello culturale, avere tutta la musica del mondo è a portata di click è troppo bello per essere vero, offre troppo al cliente per essere sostenibile.
Lo streaming ha democratizzato la musica!
Siamo sicuri che sia lo streaming ad aver democratizzato la musica per gli artisti? Secondo me è più la possibilità di registrare canzoni e produrle con un computer in cameretta, con un microfono economico. Questa è la cosa che ha reso semplice essere un artista.
Poi se vogliamo, internet in generale ha permesso alle persone di farsi conoscere come artisti. Ma se ci immaginassimo un mondo senza streaming, in cui le canzoni si comprano una ad una - per esempio come su Bandcamp - la musica sarebbe comunque democratica. O no? Lo streaming ha reso semplice essere su una piattaforma di streaming. Che però è diverso da essere un artista, e una non implica l'altra.
2. L’Esperimento
Per approfondire l’esperimento, vi lascio qui i miei due recap settimanali!
2.1 Regole dell’esperimento
Le regole erano due:
Niente streaming (nè Spotify nè altre app di streaming, neanche YouTube)
Partivo da zero, senza poter attingere dalla mia collezione esistente di CD e vinili
Volevo proprio trovarmi senza musica, e dover spendere soldi, tempo ed energia per mettere le mani su un nuovo album.
2.2 Quindi?
È andata benissimo. Lo streaming non mi è MAI mancato. Ho solo sentito di avere dei riflessi istintivi che mi hanno portato diverse volte a cercare l'app di Spotify sul telefono - app che avevo ovviamente cancellato.
i) Meno ma meglio
Ho ascoltato meno musica, ma meglio, in modo più profondo, quasi sacro. Ho usato un Walkman, il lettore CD della macchina e un vecchio stereo AIWA per ascoltare pochi dischi ma in profondità. Erano tutti dischi che ho sempre voluto ascoltare per bene ma non ho mai trovato il tempo per dedicare loro la giusta attenzione.
ii) Meditate gente, meditate
Ho scoperto il valore meditativo di rallentare un po', fermare il cervello e ascoltare la musica, facendo solo quello. Fare un piccolo sforzo iniziale per poi perdersi completamente dentro a un'opera d'arte è qualcosa di rarissimo di questi tempi.
iii) La musica live
Ho apprezzato molto di più i momenti di musica live. Il fatto di non avere tutto il giorno la musica nelle orecchie rende più interessanti e da ancora più valore a quei momenti in cui la musica viene suonata davanti a te. Anche in questo caso, meno musica, ma meglio.
iv) Perchè comprare la musica? Perchè comprare l’arte?
Ho anche realizzato il valore di comprare le cose. Comprare un disco – o qualsiasi forma d’arte – non è solo un modo per possedere qualcosa: è un gesto che dà valore a ciò che si ama e anche sé stessi. E non è legato al prezzo: anche un CD usato da 1€ cambia il modo in cui lo ascolti. Non è solo consumo, è attenzione e cura. In più, collezionare musica costruisce la tua identità: ogni album scelto, ogni acquisto fatto, racconta chi sei, cosa ti muove, e in una parola racconta il tuo gusto, quel gusto che ha bisogno di tempo e di lavoro per essere sviluppato in modo autentico. Puoi costruire un piccolo universo di cui andrai inevitabilmente fiero.
v) Non tutto rose e fiori
Parliamo del walkman. L'hype dei primi giorni di esperimento è scemato, e mi sono reso conto della scomodità di portare sempre in giro i dischi. In più, ho rigato Transformer di Lou Reed, il primo CD che ho comprato. Un mio amico mi aveva prestato Ok Computer dei Radiohead, in CD originale preso nel '97, ma dopo questo incidente non ho osato ascoltarlo per paura di rovinarlo. Nei giorni successivi ho smesso di portare sempre in giro il walkman, e ho limitato ancora di più gli ascolti ai momenti in cui potevo prestarci completa attenzione. Croce e delizia ragazzi.
3. Esperimento finito: cosa mi porto a casa
3.1 Provare per cambiare mentalità
Intanto, consiglierei l'esperimento a chiunque, anche solo per qualche giorno. Perchè ti mette nelle condizioni di cambiare mentalità, cosa molto difficile senza sottrarsi alla sovrastimolazione continua di questo periodo storico. Credo sia un'esperienza, che anche tornando allo streaming, ti rimane dentro e te lo fa vivere in modo nuovo, più sano.
3.2 Adesso cerco un equilibrio, esplorando altri metodi
In questo momento sto ancora metabolizzando e capendo come procedere. Sicuramente proverò a cercare un equilibrio diverso, più naturale, anche sperimentando nuovi modi di fruire della musica, e piattaforma di streaming diverse.
Per esempio, ho installato QoBuz, che è una piattaforma di streaming a tutti gli effetti, ma con un approccio, anzi uno spirito diverso. Si concentra molto di più sulla tua libreria, e su una scoperta lenta della musica. Strutturalmente ti spinge ad un consumo più cosciente (e poi ha come minimo la qualità CD, che è un bene). In questo momento sto usando QoBuz per replicare la mia collezione fisica di CD, senza aggiungere altro.
Nota: inutile dirvi che qobuz non mi paga per questa menzione e non so neanche se diventerà la mia app di riferimento)
Detto questo, lo streaming rimane, almeno per lo stato attuale del mercato, uno strumento utile per la scoperta di nuovi artisti. È un ambiente dove puoi esplorare, trovare per caso, arrivare a cose che non conoscevi. Ma non voglio più che sia il centro del mio ascolto. Vorrei usarlo come uno strumento di ricerca. Non come la casa in cui abito, ma come una biblioteca da cui attingere ogni tanto, quando sento il bisogno di esplorare.
Nel frattempo, sto cercando un equilibrio: ascoltare musica solo quando ho davvero voglia di farlo, non per riempire il silenzio o per cercare di non perdermi tutto quello che succede nel mondo ogni giorno. Continuo ad acquistare dischi — fisici o digitali — e a costruire una mia libreria, che possa crescere nel tempo e riflettere davvero i miei gusti. Una libreria fatta di scelte attive e personali.
Il mio new normal non prevede di eliminare per sempre lo streaming. Ma prevede di ridimensionarlo. Di rimettere al centro la mia curiosità, i miei tempi, il mio rapporto con la musica.
3.3 Quindi quanto vale un disco?
Non sono io a dare un prezzo ai dischi. Può essere il produttore, o idealmente il consumatore per la classica legge di domanda e offerta. Però il punto è: un prezzo ci deve essere, pagare qualcosa per accedere a una singola opera dovrebbe essere la normalità. È il gesto la cosa importante, non la cifra. È questo il cambio culturale che vorrei: rendere ovvio che un disco è un'opera d'arte, è frutto di un grande lavoro, e ha un valore. E di conseguenza un prezzo maggiore di 0.
4. La mia soluzione a questo problema complesso

In due settimane non è possibile trovare la soluzione ai problemi del mondo. Questo è un argomento complesso e ci sono infiniti modi per negarlo o dibattere. Non è una questione in bianco e nero con una soluzione chiara. Quello che mi posso immaginare è una trasposizione collettiva di quello che scrivevo sopra: cioè far percepire lo streaming come uno strumento secondario e non come centro della fruizione della musica.
È difficile anche capire se è possibile attuare un cambiamento culturale di questo tipo, però ci sarebbero dei modi per provare a stimolarlo. Nella nostra storia recente ci sono dei casi virtuosi:
Primo fra tutti Marco Castello, che ha fatto uscire il suo album Pezzi della sera prima in vinile, a settembre 2023, e solo dopo due mesi in streaming.
Niccolò Fabi farà uscire il suo prossimo album il 16 maggio solo su supporto fisico (vinile e cd), e dopo un mese su tutte le piattaforme streaming.
In questo modo i veri fan si troveranno di fronte al fatto che per mettere le mani sulla loro musica il prima possibile, dovranno pagare l'opera d'arte coi loro soldi. Non sarà tutto il pubblico a farlo, specialmente nei primi tentativi, però sono piccole forzature che possono aiutare a recuperare il valore percepito della musica.
Ieri ho sognato un giardino
Sarebbe molto interessante vedere un'etichetta, una major coraggiosa o una grossa label indipendente ancora più coraggiosa, che adotta questa strategia. Sfruttando il potere contrattuale di un artista molto amato, potrebbe innescare un meccanismo di questo tipo. Questo sarebbe sicuramente una cosa molto bella, anche se difficile, perché più sei grosso, più sei rigido e vincolato alle dinamiche dell'industria che ti circonda. Ma mi piace molto sognare.
Anche gli emergenti potrebbero provarci
Sembra controintuitivo, ma gli artisti emergenti e indipendenti potrebbero fare lo stesso, anche come occasione per differenziarsi e costruire una nicchia di veri fan, e non ascoltatori occasionali che non sarebbero disposti a supportarlo.
Si ridurrebbero i numeri? Assolutamente, ma siamo tutti d'accordo che i numeri e la musica sono la cosa meno compatibile che esista, no? Ovviamente non parlo di stampare vinili e dischi per gli emergenti, ma banalmente di caricare i loro lavori su Bandcamp, vendendo i file digitali con un costo di produzione (fisica) pari a zero.
Trovate un rapporto umano con meno ascoltatori, ma un rapporto profondo! Penso che al giorno d'oggi la chiave possa essere questa. Come in ogni attività creativa al giorno d'oggi. La componente umana è più importante che mai, con l'intelligenza artificiale che si espande a macchia d'olio e le major che investono per crearsi la loro musica AI-generated!
5. Conclusioni
Insomma, questo è il mio lavoretto :)
Fatemi sapere cosa ne pensate, quali sono i vostri dubbi, le vostre domande, e se c’è altro che vorreste approfondire usando me come cavia.
Ho sperimentato, ho vissuto sulla mia pelle e nella mia testa le differenze tra l'approccio attuale e un ascolto più cosciente, attivo e moderato. Ne sono uscito molto meglio di quanto pensassi, anche se ingenuamente pensavo di ottenere delle risposte, ma ho ottenuto solo milioni di domande che non mi ero mai fatto.
Grazie per avermi seguito in questo viaggio, che non finisce assolutamente qui. Vediamo come si evolve il mio ascolto naturalmente, senza forzarlo per necessità di storytelling, e tra un po' ve ne riparlerò.
Quello che è destinato a restare è un nuovo spirito del mio progetto: un ascolto più attivo, slegato dal tempo, guidato dal gusto e non dalla FOMO, guidato dall'interesse nell'andare più a fondo sulla musica che ha fatto la storia, la musica del futuro, il mercato. Ma anche la creatività in generale in questo mondo che cerca di comprimerla sempre di più. Iniziamo questo viaggio insieme, con chi ha voglia di fermarsi un po' e provare a guardare le cose oltre la superficie :)
A presto,
Andrea
Per qualsiasi cosa, scrivimi a andrea@musicabella.info!
Ciao Andrea, bellissimo video. Si sente la mancanza di contenuti così che offrano lo spunto per approfondire certi temi. Io la penso come te su tante cose, ma soprattutto su una: la musica è una cosa seria, serissima. Ecco perché cerco sempre di approfondire e contestualizzare, condivido qui alcune osservazioni.
È vero c'è tanta, tantisisma musica (troppa?), questo è perché grazie al digitale (dagli anni 90 in poi) si sono abbassati i costi di produzione e tutti possono registrare musica. Questo se ci pensi è anche un vantaggio perché i nostri amici che compongono, registrano e pubblicano hanno la possibilità di farlo, di far ascoltare la propria arte a tutti, cosa che prima gli era preclusa per gli alti cosi. Questo per l'ascoltatore comporta che dobbiamo essere più bravi a selezionare e a capire la qualità in mezzo a tantissima roba. Il rischio è che un ascoltatore poco allenato si perda la qualità di Bjork in mezzo a tanta fuffa. Per questo progetti come il tuo sono ancora così importanti.
Condivido anche il discorso che fai sul fatto che lo streaming ha peggiorato il nostro rapporto con la musica, che oggi è più volatile che mai. Pensa solo ai singoli, 30 anni fa stavano fuori 4 mesi, oggi 1 week end. Ma la domanda è: rispetto a quandoè peggiorato tutto? Noi tutti ragioniamo sul fatto che la situazione che troviamo quando nasciamo sia quella "normale" e giudichiamo tutti i cambiamenti rispetto a com'era quando siamo nati. Ma se ci pensi negli anni 40, prima della diffusione della musica registrata su supporto, la musica veniva suonata dal vivo e trasmessa in diretta via etere. Chi ascoltava la musica dal vivo in fm negli anni 40, negli anni 60 avrebbe potuto dire: "Questa che ascoltate voi oggi non è musica, perché è registrata, ri registrata, prodotta e stra prodotta mille volte, gli artisti magari sono scarsi ma registrano da capo ogni accordo finché non viene perfetto, dove finirà la musica così?!? Ai miei tempi i musicisti dovevano essere davvero bravi, perché suonavano in diretta e non si poteva sbagliare." Penso che tu capisca cosa voglio dire e lo stesso ragionamento si può fare per qualsiasi cosa e per qualsiasi innovazione.
Come giustamente registri tu ci sono delle grosse minacce all'orizzonte, figurati che Spotify sta pensando di sostituire i brani di artisti con brani creati da AI (ne ho parlato nella mia ultima newsletter), questa cosa mi fa vomitare perché io non amo solo la musica, ma anche chi la fa, perché la fa e la sua storia, in una parola l'artista.
Ma se ci pensi, da quanto esiste lo starsystem? Nemmeno da 100 anni! Prima di Nina Simone, Chuck Berry, Elvis Presley raramente si conoscevano i nomi dei musicisti e degli esecutori (a parte i grandi compositori del passato) e tanto meno si tenevano in camera i poster dei musicisti. In sostanza prima della seconda metà 900 lo starsystem non esisteva, è possibile pensare ad un mondo dove non esisterà più? Certo, anzi è probabile, visto dove stiamo andando. Questo mi piace? No, mi fa schivo, perché io dentro lo starsystem ci sono nato.
Mi fermo qui e ascolto la seconda metà del video, ma intanto dovevo scriverti questo prima di dimenticarmi :)
Spero di non essere stato invasivo :D e ti ringrazio tanto per questi spunti e la qualità che c'è in tutto quello che fai.
Ho trovato questa newsletter molto aderente ad un momento che sto vivendo io stessa in rapporto a Spotify. Sono arrivata ad un punto in cui lo vivo in maniera satura. Il fatto di avere così tanta musica a disposizione diventa un deterrente al mio essere un'ascoltatrice/ ricercatrice attenta. Quando ho iniziato ad appassionarmi alla musica dovevo per forza di cose acquistarla in formato fisico, e devo dire che quella "caccia al tesoro" per la ricerca di un album che magari non riuscivo a trovare subito era qualcosa che mi manca. Non sono una che demonizza l'uso della musica "liquida" (ne ho fruito e ne fruisco tutt'ora). Ma credo di aver bisogno di spezzare con questo loop di pigrizia indotta dal mettere ad esempio una Discovery Weekley per scoprire roba "adatta a me" (che poi sarà sempre in qualche modo pilotata dall'algoritmo e da chi mette più soldini nel piatto della piattaforma per spingere quei brani). Quindi il mio metodo al momento è quello di ridimensionare l'uso di Spotify e magari fare ricerca su piattaforme come Bandcamp (su cui volendo posso acquistare i brani o gli album anche in formato digitale), alternando con un ascolto più assiduo su cd, musicassette e dischi che ho già nella mia collezione (oltre ad acquistarne di nuovi).